Gesualdo Bufalino, il genio discreto
- Francesca Iervolino
- 29 nov 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 7 dic 2020
"La cura è una sola: libri libri libri."
A 100 anni dalla nascita, celebriamo lo scrittore siciliano e il suo importantissimo lascito letterario. "Scrivo per ricordare, per sconfiggere l'amnesia , il silenzio, i buchi grigi del tempo, per compiere in me quello che una volta, parodiando Shakespeare, ho chiamato il miracolo del Bis, il bellissimo Riessere".

Gesualdo Bufalino il 15 novembre avrebbe compiuto cent'anni. Uomo di immensa ed eclettica cultura (si interessò oltre alla letteratura anche al cinema e alla poesia) e scrittore siciliano tra i più importanti del novecento italiano, Bufalino è stato autore fine, erudito e affabulatore.
Il suo debutto letterario arrivò tardi (a 61 anni) con "Diceria dell'untore" (Premio Campiello 1981), straordinario romanzo dalla prosa barocca ed espressionista, ricco di invenzione stilistica e di notevole capacità di osservazione che lo ha consacrato, immediatamente, nel gotha degli scrittori del tardo novecento.
Bufalino nacque a Comiso nel 1920 e dedicò gran parte della sua vita all'insegnamento e alla letteratura. Uomo estremamente colto e studioso, nonchè sperimentatore della parola e del linguaggio, diede a ciascuna opera una impareggiabile nobilità linguistica, assieme a una ricercatezza formale e capacità evocativa mai stucchevole o ridondante. Autore unico nel suo genere, ha saputo dar vita a personaggi straordinari rimasti scolpiti nell'immaginario collettivo, regalando ai lettori pagine indimenticabili.
La memoria, i ricordi e la realtà legata ad essi sono i temi ricorrenti nelle sue opere, così come il gioco linguistico con le parole e con i lettori, con cui instaurava una grande complicità all'interno dei suoi romanzi. Il ricordo metteva in luce anche il suo rapporto con la morte e la malattia, esperienza vissuta con profonda commozione e partecipazione. Ma il suo guardare al passato in realtà nasconde una visione moderna della letteratura, una rinnovata passione per la parola e una reinvenzione della struttura tradizionale del romanzo. Morte, memoria (intesa nella duplice valenza di rievocazione del reale e finzione) e menzogna sono dunque i temi fondamentali della produzione Bufaliniana, da inquadrare in una prospettiva unitaria e in rapporto l'uno con l'altro.
"Bufalino è un autore che ha avuto in pari misura il culto della scrittura come pratica personale e privata, dotata di valore altissimo proprio perché esercitata in un’intimità amicale, e insieme un senso vivo del valore della stampa in pubblico". (Francesca Caputo)
Il pregio dell'opera letteraria di Gesualdo Bufalino, dunque, risiede nell'aver saputo indagare, attraverso una sapiente e costante ricerca interiore tramite l'uso della parola quale specchio della realtà e dei sentimenti, le sfumature più profonde dell'animo, eplorandone gli interrogativi esistenziali che inducono gli uomini, e quindi il lettore, alla riflessione. La prosa bufaliniana è sapientemente costruita come una poesia senza versi: ricca di ossimori e figure retoriche, possiede una cadenza musicale sfarzosa e magniloquente, ricca di termini rari, ricercati e finanche antiquati. Questo tipo di linguaggio desueto, arcaico e barocco, è funzionale ai temi trattati: la parola è scelta con cura poichè, sua funzione precipua, è evocare con esattezza maniacale ciò che l'autore vuole esprimere. La scrittura di Bufalino è metaforica ed evocativa e dunque, in una sola parola, viva.
Così Salvatore Ferlita su Repubblica: "Il lettore, di conseguenza, vedrà sfilare dinanzi ai suoi occhi una teoria di figure retoriche che nelle pagine bufaliniane fanno bella mostra di se stesse, illustrate e messe in relazione dal critico con grande senso dell' orientamento. Le parole, lavorate di cesello da Bufalino, scelte con la stessa amorevole cura che si riserva alle pietre preziose, al comando del piffero magico di Traina si allineano in drappelli di senso, oltretutto andando a ricongiungersi ai loro universi archetipici di riferimento. L'indagine stilistica non è mai divaricata rispetto all'approfondimento tematico: l' attrezzeria critica dello studioso è messa pure a disposizione dell' arcipelago di aspetti, questioni, argomenti di volta in volta intrecciati nella pagina bufaliniana, in relazione con la tradizione letteraria isolana e non solo (sono tanti i riferimenti europei, messi giustamente in luce da Traina). Dal momento che lo scrittore comisano, prima di rivelarsi quale scrittore iperletterario e a tratti manieristico, fu un accanito lettore, un esploratore di biblioteche".
Fra le tante sue opere, ricordiamo ancora: Museo d'ombre (Sellerio 1982), L'amaro miele (Einaudi 1982), Dizionario dei personaggi di romanzo da don Chisciotte all'Innominabile (Il Saggiatore 1982), Argo il cieco ovvero I sogni della memoria (Sellerio 1984), Cere perse (Sellerio 1985), L'uomo invaso e altre invenzioni (Bompiani 1986), Il malpensante. Lunario dell'anno che fu (Bompiani 1987), La luce e il lutto (Sellerio 1988), Saldi d'autunno (Bompiani 1990), Qui pro quo (Bompiani 1991), Calende greche. Ricordi di una vita immaginaria (Bompiani 1992), Il Guerrin Meschino. Frammento di un'opera dei pupi (Bompiani 1993), Bluff di parole (Bompiani 1994), Il fiele ibleo (Avagliano 1995), Tommaso e il fotografo cieco ovvero il Patatrac (Bompiani 1996). Nel 2007, con l'uscita per la collana "Classici Bompiani" del secondo volume delle Opere 1989-1996 di Bufalino, a cura di Francesca Caputo, si completa la pubblicazione della produzione letteraria complessiva dell'Autore.
Le sue opere sono state tradotte in francese, inglese, tedesco, spagnolo, catalano, basco, portoghese, olandese, danese, svedese, greco, sloveno, russo, ebraico, giapponese, coreano.
Francesca Iervolino © Riproduzione vietata
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