Girolamini, al via la raccolta fondi con Art bonus per il restauro del San Gennaro di Luca Giordano
- The Good Reader
- 15 feb 2022
- Tempo di lettura: 2 min

Il Complesso Monumentale dei Girolamini (Napoli-Via Duomo 114), al momento chiuso per via di una imponente operazione di restauro che ormai è giunta alla sua fase conclusiva, ha avviato insieme ad Art bonus una raccolta fondi per il restauro del meraviglioso dipinto di San Gennaro di Luca Giordano. Per poter effettuare una donazione, basta seguire il link sottostante:
https://artbonus.gov.it/581-dipinto-di-luca-giordano-raffigurante-san-gennaro.html
Il dipinto è collocato sulla parete destra della quarta cappella a sinistra, dedicata a Sant’Agnese, nella chiesa dei Girolamini. La cappella, che conserva la disposizione dei dipinti già descritta dal Celano nel 1692, presenta sull’altare l’opera di Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio, raffigurante Sant’Agnese. Le due tele laterali, insieme ai quadri più piccoli del secondo registro, sono opera di Luca Giordano databili al 1678, in una fase in cui l’artista evidenzia una predilezione per l’impreziosimento cromatico e la maestosità delle figure: sulla parete sinistra San Nicola di Bari, le cui spoglie furono traslate nel XI secolo in Puglia da Mira, in Asia Minore, dove visse nel IV secolo, sulla parete destra un maestoso San Gennaro con un piede poggiato sulla testa di una fiera ammansita, alle spalle bagliori relativi all’episodio della fornace, da cui uscì illeso. Nei riquadri superiori Angeli reggi ampolle e Angeli reggi mitra dello stesso Luca Giordano, classico attributo iconografico del patrono di Napoli. Non c’è dubbio che il precedente del San Gennaro dei Girolamini vada ricercato nel San Gennaro nell’anfiteatro che Artemisia Gentileschi dipinse per la Cattedrale di Pozzuoli; a differenza di quest’ultima, il Giordano relega sullo sfondo le, appena percepibili, architetture dell’anfiteatro e raffigura il volto del santo con un intento di maggiore idealizzazione in chiave mistica, diversamente dall’aspetto ancora intensamente naturalistico del quadro di Pozzuoli. Citato da tutte le antiche guide della citta di Napoli, a partire dal Sarnelli nel 1688, dal Celano nel 1692, che indica anche l’esatta disposizione dei quadri tuttora in essere, al Parrino nel 1751 e al Sigismondo nel 1788, il dipinto è sempre stato considerato opera del Giordano.
Segnalato con la stessa attribuzione, al n° 171, dallo Pfister, il padre oratoriano che nel 1932 provvide alla redazione di un inventario, in cattivo stato di conservazione (“la tela è deteriorata in basso a destra – colori anneriti – trascurata”) venne restaurato nel 1947 in occasione della “IV mostra di restauri” tenutasi al Museo di San Martino in Napoli; successivamente, il dipinto venne sottoposto ad un ulteriore parziale intervento conservativo nel 1997, ad opera del Laboratorio di restauro dell’allora Soprintendenza ai beni artistici e storici di Napoli, con una fondamentale operazione di foderatura e pulitura.
Da una prima analisi visiva dal basso si evidenziano ridipinture, ritocchi, strati protettivi alterati e ossidati che determinano un’alterazione cromatica e una scarsa leggibilità dell’opera in alcuni punti. Tutta la superficie è coperta da depositi superficiali coerenti ed incoerenti. La vernice appare fortemente ossidata ed è presente un deposito di sporco omogeneo su tutto il film pittorico. La vernice finale è stata pigmentata con sostanze grasse che, in diversi punti altera la leggibilità dell’opera. Il dipinto presenta anche molte zone lacunose, stuccate e ritoccate nel precedente restauro, la cui cromia si presenta compromessa.
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