Anatomia di un'Amicizia - capitolo II
- Cinzia Nitti

- 14 ott 2021
- Tempo di lettura: 4 min

Amicìzia s. f. [dal lat. amicitia, der. di amicus «amico»]. – 1.a. Vivo e scambievole affetto fra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima: a. profonda, pura, disinteressata (o, al contrario, interessata, superficiale o apparente, e dichiarata o mantenuta soltanto per l’utilità materiale o il vantaggio che se ne può trarre); a. falsa, incostante, ecc.; vincoli, legami di a.; fare, stringere a., legarsi d’a. con qualcuno, meno com. stringersi in a. con qualcuno; coltivare l’a. o un’a.; rompere, guastare l’amicizia. [...] - Vocabolario Treccani
_______________________________
Mi colpisce della sopracitata definizione, l'aggettivo "interessata". E' un aspetto dell'Amicizia che non ho mai preso in considerazione nelle relazioni con i miei pochissimi, autentici Amici. Li conto sulle dita di una mano e non potrei esserne più orgogliosa. Posso affermare con altrettanta fermezza però, che la maggior parte di quelli che hanno incrociato la mia strada, per brevi o ahimè lunghi periodi, lo hanno fatto con particolari fini, per lo più tuttora incomprensibili. Pensando a loro, ho messo molto spesso in discussione il mio carattere e la mia natura empatica al punto da sentirmi fuori luogo col mio stesso riflesso allo specchio. L'amicizia intesa come scambio reciproco e stimolo al confronto, all'apprendimento, alla crescita personale, ha inspiegabilmente lasciato spazio al concetto di "sono il tuo zerbino", "ti assecondo per non dispiacerti", "sono qui per te a scapito della mia vita personale, quella di cui non ho fiducia né voglia di raccontarti perché non capiresti, giudicativo come sei". Ho assorbito tanti di quei colpi in pieno stomaco che ho smesso di essere la persona che immaginavo sarei stata: paziente, accogliente, disponibile all'ascolto, pacata, supportiva. Ho mollato. Ho praticato ghosting quando le mie ragioni continuavano ad essermi scagliate contro, con tanto di dolore in pieno petto, a svantaggio della mia stessa sensibilità. Sono sparita ogni qualvolta la mia richiesta lecita e benevola di pace, aria, spazio per raccogliermi senza intromissioni, veniva disattesa senza rispetto. L'aspettativa, quella ingenua speranza di essere compresa, per una volta, almeno quanto io ero in grado di comprendere l'altro. I difetti, umani e peculiari di ognuno, spesso inaccolti, ignorati pur di ottenere con la forza qualcosa che non si sapeva bene cosa fosse.
_______________________________
L'amico interessato. Spesso ne ho riconosciuto i tratti delle patologie disturbanti. Sono tra le più svariate: dall'arte dello scrocco alla frustrazione perenne di una vita insoddisfacente, per cui lamentarsi è più appagante che rimboccarsi le maniche. Dalla Sindrome di Munchausen, all'elemosina degli appunti universitari, passando per i drammi familiari veri o presunti, che impongono una certa reggenza alcolica per lavare via i cattivi pensieri. Senza dimenticare quelli che screditano ogni tuo successo nel lavoro, amore, vita familiare, col palese intento di ferire o potersi affrancare dei propri insuccessi. Per questa gran bella categoria di amici non solo interessati ma soprattutto tossici, vale l'insegnamento del mio amato Khalil Gibran: "Viaggia e non dirlo a nessuno, vivi una vera storia d'amore e non dirlo a nessuno, vivi felice e non dirlo a nessuno, le persone rovinano le cose più belle". Questo non dovrebbe valere per gli Amici veri, non vi pare?
Dopo anni di incessante ricerca di equilibrio in amicizie chiaramente sbagliate e impossibili, per incompatibilità caratteriale o affinità scevre di ogni fondatezza emotiva, sono giunta alla conclusione che molte persone sono il male. Sono la cattiveria invidiosa, travestita da esseri umani. Le prove del fuoco che bruciano senza alcuno scrupolo, strappano pezzi di sensibilità approfittando delle debolezze altrui, derubano cristalli di vitalità e alla fine riescono ad affievolire la luce interiore di chi sbandierano come "migliori amici". Una forma di abuso narcisistico-amicale che certamente ho dato modo di esistere in momenti di particolare fragilità e smarrimento e che, finalmente, ho imparato a guardarmi bene dall'agevolare in età adulta. Libera dal legame morboso e disfunzionale, dall'incomprensione e dall'estenuante soppressione della mia essenza, a vantaggio di sanguisughe emotive che scambiano i sani valori amicali per un atto dovuto.
_______________________________
"L’invidia è l’ulcera dell’anima" - Socrate (e quanto aveva ragione, aggiungo!)
Sì, certi amici sono il Male. Riversano sugli altri la pochezza di una vita incompleta o alla ricerca di qualcosa di razionalmente inottenibile, trasformandola in cattivi auspici per chi una vita (non senza fatica e impegno), la costruisce quotidianamente mattoncino su mattoncino, non chiedendo nulla in cambio.
Dare e ricevere in modo disinteressato sembra un'impresa titanica in questi tempi 3.0 che trasformano, ci trasformano, senza più contezza di quanto le intenzioni siano genuine, oneste, possessive o disoneste. Da adolescente i miei mi hanno sempre rimproverato l'essere eccessivamente selettiva, preoccupati che un giorno mi sarei ritrovata senza amici - o a relazionarmi solo con i libri, muti, che di fatto più che cultura e "consigli scritti" non mi avrebbero mai dato. Oggi dico di esser felice di aver fatto di testa mia sin da ragazzina, di aver optato per il "filtro-selezione". (Instagram non lo conoscerà mai). E' stato uno dei primi e più grandi insegnamenti abbia mai regalato a me stessa: imparare ad essere indipendente anche dalle Amicizie, per avere da giovane Donna poi, la certezza che circondarsi di "pochi", non significa essere meno amati. Significa scegliere con cura chi accogliere nel proprio mondo sacro, lasciando tossicità e amichevole meschinità alla porta.
Cinzia Nitti © Riproduzione riservata


Commenti