Raffaello, Castiglione e la nascita della tutela del patrimonio culturale
- Chiara Teodonno
- 6 apr 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 13 apr 2021
Il ritratto di Baldassarre Castiglione ad opera di Raffaello Sanzio è una delle testimonianze dell’intenso e proficuo legame culturale tra due dei più grandi interpreti dello spirito rinascimentale. Da questa collaborazione ebbe origine il concetto di “tutela” del patrimonio culturale
Il sodalizio tra il divino pittore Raffaello e il celebre umanista Baldassarre Castiglione risale al 1515. Sedeva allora sul soglio pontificio il raffinato Leone X – Giovanni de’ Medici – dallo spirito profondamente legato all’arte, al punto da decidere di affidare a Raffaello il compito di intraprendere una grande campagna di rilievo e disegno delle testimonianze artistiche della città.

Raffaello - Ritratto di papa Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici (sinistra) e Luigi de’ Rossi (destra). Foto Chiara Teodonno
Nominato quindi prefetto alle antichità di Roma, l'artista urbinate chiese aiuto a uno dei più autorevoli autori dell’epoca per portare a termine l’incarico: il diplomatico mantovano Baldassarre Castiglione. I due furono legati da un’affinità spirituale e da una profonda comunanza d’ideali, sentimenti che si evincono nello splendido ritratto che Raffaello realizzò dell’amico umanista nel 1515 e oggi esposto al Louvre di Parigi. Nell’opera, che l’autore stesso definì “la sua preferita”, Castiglione posa ruotando delicatamente il busto di tre quarti, sontuosamente vestito con un abito scuro dalle maniche di pelliccia che l’artista dipinge riuscendo a trasmettere consistenza alle trame dei diversi tessuti. Il colore scuro del cappello fa da contrasto interponendosi tra lo sfondo neutro e il volto ovale del letterato, contornato da una folta barba come era di moda nel Cinquecento. Punto focale dell’opera è proprio il volto la cui espressione pacata e riflessiva è sottolineata dagli intensi occhi azzurri che fissano lo spettatore quasi a volerne indagare i pensieri.

Dopo che ebbe analizzato i primi risultati del lavoro, Raffaello indirizzò al papa una missiva, in cui alla sensibilità artistica dell’urbinate si unisce il pensiero dialettico di Castiglione. Questo prezioso e celeberrimo documento è considerato tra i primi monograficamente dedicati alla conservazione di "qualcosa" che aveva ormai perso la sua funzione pratica connotandosi di un’altra puramente culturale: nasceva l’idea stessa di patrimonio culturale.

Una pagina della lettera di Raffaello e Baldassarre Castiglione a Leone X. Dalla mostra Raffaello (1520-1483). Foto Chiara Teodonno
Raffaello si riferisce a quelle antichità affidategli come al “cadavere della patria” volendo con questa espressione denunciare lo stato di incuria e abbandono nel quale esse erano state lasciate dai predecessori di Leone X e sottolineando l’aggravante per cui quegli stessi papi ebbero lungamente atteso a distruggerle. Non nei Goti, Vandali e d’altri tali perfidi nemici andavano dunque a ricercarsi i colpevoli, ma in quelli li quali come padri e tutori dovevano difender queste povere reliquie di Roma.
Con una autorevolezza morale direttamente proporzionata al suo straordinario spessore artistico, Raffaello richiama il papa ai suoi doveri verso il patrimonio: la tutela. Sono qui indicativi i termini scelti da Raffaello e Castiglione per delineare il ruolo dei pontefici: essi sono padri e tutori. E “tutore”, così come “tutela”, derivano dal latino tueor tueris, "difendo". Nel nostro sistema giuridico oggi come allora, il tutore è colui a cui è affidato chi non ha più né padre né madre, l’orfano. Con la figura retorica dell’epanortosi, Raffaello e Castiglione indicano i papi come padri (anzi) tutori. Quelle rovine mute e indifese, prive ormai dei padri che le avevano originate (gli imperatori e i committenti antichi) erano affidate ora ad un nuovo potere che se ne assumeva anche tutti i doveri. La tutela come atto di pietas.

Alcune pagine della lettera di Raffaello e Baldassarre Castiglione a Leone X. Dalla mostra Raffaello (1520-1483). Foto Chiara Teodonno
È un’immagine profondamente emozionante quella dei due giganti dell’arte e della letteratura del Rinascimento che con la loro levatura culturale dedicano ogni sforzo e conoscenza alla salvaguardia di quelle povere reliquie di Roma. Dalla collaborazione tra i grandi interpreti dello spirito dell’epoca, nasce un nuovo concetto di modernità ancora oggi così attuale e forse non del tutto compreso, che supera l’idea di contrapposizione tra passato e presente, per marcare l’importanza di un’interconnessione tra le epoche, che vede nella salvezza del passato l’unica vera base per il futuro. “Perché il passato, se amato e compreso, è vivo”.
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