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"Osare in grande": Brené Brown e il potere nella vulnerabilità



"La crescita, nella vita e negli affari, è sempre il risultato di coraggio e decisioni coraggiose. Se continui a fare le cose che hai sempre fatto, raccoglierai per sempre gli stessi risultati. Se, invece, vuoi sperimentare una nuova realtà, dovrai osare di fallire e avere il coraggio di sbagliare."


“Osare in grande. Come il coraggio della vulnerabilità trasforma la nostra vita in famiglia, in amore e sul posto di lavoro” è il titolo del bestseller mondiale scritto da Brené Brown: ricercatrice in Scienze Umane e Sociali e docente titolare della cattedra Huffington Foundation, all’Università di Houston, Texas. Durante i suoi 20 anni di ricerca ha studiato e contestualizzato, specializzandosi nei molteplici aspetti del mondo del Business, la vulnerabilità, la vergogna, il coraggio, l’empatia.


In particolare, vulnerabilità e vergogna sono il fulcro di "Osare in grande" (Daring Greatly), un tesoro di inestimabile valore in fatto di implementazione personale attraverso lo stretto contatto emotivo con sé stessi. Questo l’assunto di partenza della Brown: “rimanere vulnerabili è un rischio che dobbiamo correre se vogliamo sperimentare una connessione.”

Ma cos’è esattamente la vulnerabilità e perché è uno strumento tanto prezioso? L’autrice definisce la vulnerabilità come incertezza, rischio, esposizione emotiva. Essenzialmente, è l’atto di fare qualcosa senza alcuna garanzia del risultato. Un’emozione indubbiamente difficile da lasciare entrare dalla porta principale, abbracciare, e con la quale imparare a convivere. Esempi comuni ma d’impatto: uscire con qualcuno si pensi ci piaccia davvero, è essere vulnerabili; inviare un CV e candidarsi a una posizione per la quale si pensa di non essere qualificati, è essere vulnerabili. L’evitamento di qualsiasi situazione, dal più piccolo al più grande e competitivo contesto, è la vergogna che si manifesta a causa di un possibile fallimento o di un risultato inaspettato. Brené Brown ha trasformato le analisi di milioni di intervistati durante la sua carriera – tecnicamente un numero non quantificabile di dati raccolti – in quelle che l’autrice stessa ha definito “storie con l’anima”.


La vulnerabilità è la culla dell'innovazione, della creatività e del cambiamento. È la sperimentazione consapevole del rischio necessario a vivere e sfidare i limiti auto-imposti, per timore del giudizio, della paura, dell’idea sociale che tutto debba essere bello e perfetto, per definirsi successo. E se invece osare significasse proprio provarci pur essendo certi di un fallimento, mostrare di non essere preparati per un dato compito, iniziare quella difficile conversazione in famiglia o fare il primo passo in una relazione? La perfezione e la sua spasmodica ricerca non esistono nemmeno in un mondo ideale. È un’ala protettrice che il più delle volte impedisce di spiccare il volo; consuma nell’idea di qualcosa che nessun essere umano può realizzare.

Nello sviluppo della sua ricerca ventennale, la Brown prende esempio dal celeberrimo discorso “L’uomo nell’arena” di Theodore Roosevelt (26mo Presidente degli Stati Uniti), tenuto alla Sorbona di Parigi il 23 aprile del 1910.


“Non è il critico che conta, né l’individuo che indica come l’uomo forte inciampi, o come avrebbe potuto compiere meglio un’azione.

L’onore spetta all’uomo che realmente sta nell’arena, il cui viso è segnato dalla polvere, dal sudore, dal sangue; che lotta con coraggio; che sbaglia ripetutamente, perché non c’è tentativo senza errori e manchevolezze; che lotta effettivamente per raggiungere l’obiettivo; che conosce il grande entusiasmo, la grande dedizione, che si spende per una giusta causa; che nella migliore delle ipotesi conosce alla fine il trionfo delle grandi conquiste e che, nella peggiore delle ipotesi, se fallisce, almeno cade sapendo di aver osato abbastanza.

Dunque, il suo posto non sarà mai accanto a quelle anime timide che non conoscono né la vittoria, né la sconfitta”.


Dovremmo essere tutti vulnerabili, se vogliamo creare la vita che meritiamo. Scendere nell’arena consapevoli di abbracciare il possibile fallimento, rende non solo più “umani”, ma anche più indipendenti dalla spada di Damocle del feedback di chi nell’arena, a farsi prendere a calci nel sedere, non ci è mai stato.


Osare in grande scava in profondità nei meandri vulnerabilità e dei i falsi miti ad essa connessi, a quei piccoli-grandi meccanismi attuabili quando essere fragili ci lascia cadere in uno stato di vergogna, dolore e opacità comunicativa.


“Smetti di camminare per il mondo in cerca di conferma che non vi appartieni. Lo troverai sempre perché ne hai fatto la tua missione. Smettila di perlustrare i volti delle persone alla ricerca di prove che non sei abbastanza. Li troverai sempre perché hai fatto di questo il tuo obiettivo. La vera appartenenza e l'autostima non sono beni; non negoziamo il loro valore con il mondo. La verità su chi siamo vive nei nostri cuori. La nostra chiamata al coraggio è proteggere il nostro cuore selvaggio dalla valutazione costante, specialmente la nostra. Nessuno appartiene a questo posto più di te.”


Per scoprire di più sull’autrice:



Cinzia Nitti © Riproduzione riservata

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